theletonUno studio finanziato da Telethon ha rivelato un possibile bersaglio per la cura della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), malattia neurodegenerativa dalle cause in gran parte ancora sconosciute.
Il bersaglio potrebbe essere il proteasoma. Lo sostiene un team di autorevoli scienziati, autori di un lavoro appena pubblicato
sulla rivista scientifica Human Molecular Genetics (2009; 18:82-96).

In una cellula, il proteasoma è responsabile della degradazione
delle proteine. In condizioni normali, le proteine vengono
sintetizzate e degradate secondo ritmi finemente controllati. Anche le proteine “danneggiate”  o mutate passano attraverso il controllo del proteasoma per essere eliminate.
In condizioni patologiche, come ad esempio nel caso della SLA,
è stato osservato un accumulo di proteine dalla struttura anomala e tale accumulo si considera causalmente correlato alla morte cellulare.

I risultati ottenuti dai gruppi di Caterina Bendotti dell’Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri e di Silvia De Biasi dell’Università
degli Studi di Milano, dimostrano che nella SLA è compromessa
l’attività del proteasoma. Ciò spiegherebbe le ragioni dell’accumulo di proteine riscontrate nella patologia. Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno studiato un modello animale della malattia, ovvero un topo geneticamente modificato che produce una forma mutata della proteina superossido dismutasi 1 (SOD1). E’ noto, infatti, che circa il 20% delle forme ereditarie di SLA dipendono da questa mutazione. Nei soggetti colpiti da SLA si verifica una perdita graduale dei motoneuroni, che porta ad un abbattimento di funzioni vitali quali la deambulazione, la deglutizione, l’articolazione della parola, la respirazione. Il team italiano ha individuato nei motoneuroni malati una alterazione nella attività del proteasoma utilizzando la proteina fluorescente GFP.

La scoperta pone le basi alla sperimentazione di nuove strategie terapeutiche per la cura della SLA. In particolare, si punterà alla identificazione di sostanze non tossiche che possano integrare l’attività alterata del proteasoma e rallentare di conseguenza il decorso della malattia.

di Nicoletta Guaragnella